Sul Sole24Ore il welfare di Renner. Zuppi: le imprese cercano persone, non braccia

20 Aprile 2025

Il cardinale Matteo Maria Zuppi e l'ad di Renner Italia, Lindo Aldrovandi

Nell’edizione di Pasqua, domenica 20 aprile, Il Sole 24 Ore ha dedicato un ampio servizio al progetto di welfare abitativo varato da Renner Italia. Lo ha fatto con un articolo a cura di Ilaria Vesentini richiamato in prima pagina del dorso nazionale. Ma in particolare lo ha fatto con il corsivo del presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Maria Zuppi. Un’analisi, quella di Zuppi, che ha associato l’esperienza Renner alla «speranza» di una politica industriale nuova. Il riferimento esplicito di Zuppi è a “La speranza è una luce nella notte”, antologia con cui Papa Francesco ha aperto il Giubileo in corso.

Le imprese cercano persone, non braccia​

Matteo Maria Zuppi*

La speranza non delude! È il messaggio centrale del Giubileo che stiamo vivendo. Non siamo fatalisti. Senza speranza non c’è futuro. E la speranza richiede mente e cuore perché la speranza affronta le inevitabili avversità. Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene. Non sappiamo cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro ci riempie di disillusione, di dubbi, di incertezze e della tentazione di non scegliere.

«Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità», dice papa Francesco. Non vogliamo cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ci sono segni dei tempi che racchiudono l’anelito del cuore umano, che «chiedono di essere trasformati in segni di speranza». È il nostro impegno. Per questo è necessaria un’alleanza sociale per la speranza, inclusiva e non ideologica, che prepari un avvenire «segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo». Tutti abbiamo bisogno di recuperare la gioia di vivere. Non possiamo accontentarci di sopravvivere o vivacchiare, di adeguarci al presente e di sciupare le risorse che pure abbiamo. «Ciò rinchiude nell’individualismo e corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti».

Desidero raccontare un segno di speranza, concreto, possibile perché offra a tutti il diritto di costruire un futuro migliore, compresi i tanti esuli, profughi e rifugiati. A nessuno venga mai a mancare la speranza di una vita migliore.

A San Lazzaro di Savona, vicino a Bologna, ho trovato da anni una scuola di speranza. Ce ne sono tante, in realtà, e dobbiamo chiederci come aiutarle di più. In questa scuola si insegnano un mestiere e le regole della convivenza. Si prepara il futuro. Quello degli allievi che la frequentano, che poi è anche il nostro. Tanti ragazzi vi arrivano sfiduciati ma scoprono, durante il percorso, consapevolezza delle capacità che pure hanno. Ritrovano sé stessi. Spesso si affrancano dal senso di fallimento che, in assenza della speranza, si impadronisce delle persone.

Gli imprenditori, se non sono speculatori, hanno bisogno di persone, non di braccia. È interesse di tutti inserire giovani migranti in azienda dopo un percorso di formazione professionale, offrendo loro un contratto stabile e, se necessario, un tetto. I veri cambiamenti iniziano sempre dal realismo e dal buonsenso. Quella avviata da Lindo Aldrovandi in Renner Italia, per rispondere alla carenza strutturale di operai nel mondo delle vernici industriali, rappresenta una speranza concreta per tanti. Aldrovandi insiste a dire che è business. E infatti il vero business mette sempre al centro la persona. Altrimenti diventa distruttivo.

Alleanza sociale per la speranza. È ciò che sta accadendo alle porte di Bologna tra Renner Italia e l’Opera salesiana di Castel de Britti. Non costa molto. Conviene a tutti. Sono business e tanta umanità. Per tutti, perché chi accoglie prepara il futuro. Di tutti.

*Cardinale, presidente della Conferenza episcopale italiana

Progetto Renner e Salesiani, casa e lavoro a giovani migranti

Ilaria Vesentini

Diversi imprenditori hanno chiesto di incontrare il centro salesiano Cnos-Fap per replicare il modello messo in piedi nel Bolognese dall’azienda Renner: inserire giovani migranti in azienda dopo un percorso di formazione professionale, offrendo loro un contratto stabile e un alloggio a canone calmierato. Le rivoluzioni iniziano sempre dal basso, e quella avviata da Lindo Aldrovandi – fondatore e amministratore delegato di Renner, azienda di vernici per legno, metallo e plastica con sede a Minerbio (Bologna), 400 dipendenti di cui 160 nei reparti produttivi, e 183 milioni di euro di fatturato nel 2024 – per rispondere alla carenza strutturale di operai qualificati, sta facendo scuola. «Ci ha scritto anche il presidente di Confindustria Emanuele Orsini – racconta Aldrovandi – indicandoci come esempio. Non vogliamo fare beneficenza. Questo è business: le imprese hanno bisogno di personale e chi arriva da altri Paesi ha bisogno di stabilità. Si tratta di un’equazione razionale, non assistenziale».

«Investire in progetti come questo – ha confermato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, in una lettera inviata all’imprenditore Aldovrandi – significa contribuire non solo al benessere delle proprie risorse umane, ma anche allo sviluppo di una cultura aziendale attenta e responsabile. La Sua visione imprenditoriale è un esempio concreto di come l’industria possa essere un motore di cambiamento positivo per la società». Il progetto Renner nasce lo scorso anno in collaborazione con l’Opera Salesiana di Castel de Britti (sulle colline bolognesi), uno dei tre centri emiliano-romagnoli della rete Cnos-Fap, storicamente attivi nell’accoglienza e formazione di minori stranieri non accompagnati. La sperimentazione prevede un doppio binario: un percorso formativo di 32 settimane finanziato da Renner per dodici giovani e un programma di inserimento abitativo dedicato agli ex minori non accompagnati già formati dai salesiani. «Abbiamo ristrutturato un immobile di nostra proprietà, investendo circa 300mila euro per ricavare otto alloggi – ha precisato Aldrovandi -. Sono riservati esclusivamente a ragazzi selezionati dai salesiani, che firmano un patto di transizione abitativa della durata di tre anni».

I primi due inquilini sono Suleyman, arrivato su un barcone dal Gambia, e Bassirou, dalla Guinea. A breve si aggiungerà un terzo giovane proveniente dalla Nigeria. Il canone mensile è simbolico: 150 euro il primo anno, 170 il secondo, 200 il terzo, versati interamente all’istituto salesiano e destinati a finanziare borse di studio. «Ci sembrava poco etico chiedere un affitto a ragazzi in difficoltà – ha ammesso Aldrovandi –. Ma è stato proprio Carlo Caleffi, il direttore del centro, a convincerci: serve educare all’autonomia, non sostituirsi alla realtà». Oggi alla Renner i lavoratori stranieri sono circa il 7% e il progetto abitativo è ancora nella fase iniziale. «Ma l’impatto è stato positivo – ha detto Aldrovandi -. L’entusiasmo di questi ragazzi ha portato energia nei reparti. E grazie all’esperienza dei salesiani possiamo contare su inserimenti ben strutturati, senza improvvisazioni». Il progetto di formazione di Renner e Cnos-Fap è aperto a tutti, italiani compresi. Ma alla prima selezione, ha riferito Aldrovandi, «non si è presentato nessun italiano. È un dato che deve far riflettere. Da qui nasce il nostro orientamento: non è una scelta ideologica, è una necessità industriale». Il percorso formativo copre tutte le aree aziendali, dalla logistica alla produzione, con particolare attenzione alla sicurezza e alla cittadinanza. L’obiettivo è trasformare il tirocinio in contratto. I ragazzi vengono seguiti in aula e in azienda e i risultati sono già visibili.

«La parte educativa è fondamentale – ha detto Caleffi -. Non siamo un’agenzia interinale, non prendiamo soldi per questo. Il nostro obiettivo è dare una vita felice a questi ragazzi. Ecco perché li selezioniamo con cura, li accompagniamo anche dopo l’assunzione e ci occupiamo della convivenza. Mettere otto giovani di Paesi diversi subito a convivere insieme sarebbe stato un errore. Abbiamo scelto un inserimento graduale». Il modello Renner ha già attirato l’interesse di altre imprese emiliane. Un’azienda di Ozzano ha preso in affitto un appartamento da destinare a foresteria, e due diocesi – tra cui quella di Piacenza – hanno contattato il centro salesiano per attivare collaborazioni simili. «Il nostro auspicio – ha concluso Caleffi – è che il progetto venga messo a sistema, con la collaborazione tra privato e formazione professionale. Le aziende hanno un potenziale che il pubblico non ha, possono fare la differenza».