PAUL ANASTAS E JOHN WARNER: COME NASCE LA “GREEN CHEMISTRY”

6 Aprile 2018

La Green Chemistry è una disciplina che si pone come obiettivo quello di indirizzare la chimica verso modalità sostenibili. Il progresso tecnologico è oggi ottenibile solo se indirizzato verso percorsi di sostenibilità, dunque sono le scienze chimiche a giocare un ruolo primario nella riconversione delle vecchie tecnologie in nuovi processi eco-compatibili.

I sottoprodotti generati dalla produzione industriale, anche se di per sé poco pericolosi, arrivano a costituire un gravoso problema per la salute dell’uomo e dell’ambiente a causa della loro vasta scala di produzione. È quindi compito dei chimici rivedere le logiche dei processi di trasformazione per cercare di limitare la produzione di scarti e di eliminare l’impatto ambientale a essi connesso.

Ripensare i processi industriali porterebbe anche portare vantaggi economici: la scarsa resa di alcuni processi chimici e l’elevato costo di smaltimento dei sottoprodotti incide pesantemente sui costi di produzione.

 

La sistematizzazione del significato di green chemistry

Dare una definizione precisa del significato di green chemistry è piuttosto complesso e per tale motivo John C. Warner e Paul Anastas hanno provato a sistematizzare il concetto di “etica della chimica verde”.

I due chimici hanno definito una lista di criteri di azione, orientamento e priorità che insieme concorrono a stabilire i concetti fondanti della chimica verde:

  1. La miglior gestione dei rifiuti è quella che ne limita la produzione al minimo.
  2. I metodi di sintesi devono essere progettati in modo da massimizzare l’incorporazione di tutti gli atomi usati nel processo all’interno del prodotto finale.
  3. Quando possibile, la sintesi dei prodotti chimici deve essere progettata in funzione all’utilizzo e alla generazione di sostanze che abbiano tossicità nulla o bassa per la salute umana e l’ambiente.
  4. I prodotti chimici devono essere progettati perché mantengano l’efficacia desiderata e abbiano una minore tossicità.
  5. L’uso di sostanze ausiliare deve essere reso non necessario, se ciò è impossibile, deve essere reso innocuo.
  6. Il consumo energetico dei processi chimici deve essere minimizzato. Se possibile, le sintesi devono essere realizzate a temperatura e pressione ambiente.
  7. Quando economicamente e tecnicamente possibile, le materie prime e le risorse naturali devono provenire da fonti rinnovabili.
  8. L’impiego di reagenti derivatizzanti deve essere evitato, quando possibile.
  9. I reagenti con azione catalitica devono essere preferiti a quelli richiesti in quantità stechiometrica.
  10. I prodotti chimici devono essere progettati per degradarsi in sottoprodotti innocui al termine dello svolgimento della funzione per la quale sono utilizzati.
  11. Devono essere sviluppate metodologie analitiche che consentano il controllo e il monitoraggio dei processi in tempo reale, così da prevenire la formazione di sostanze pericolose.
  12. Le sostanze e le loro condizioni di impiego nei processi chimici devono essere scelte minimizzando il rischio di incidenti chimici.

 

È evidente come questi dodici principi si basino sul buon senso. Lungi dal condannare la chimica, scienza che trova innumerevoli applicazioni in diversi ambiti della quotidianità, la green chemistry è tuttavia consapevole delle conseguenze cui una scorretta applicazione può portare.

Quello che la chimica verde propone è quindi un invito a ricercare metodologie nuove che possano permettere di individuare il processo industriale con il minor impatto ambientale. Una chimica più consapevole porterebbe non solo a un risparmio energetico e quindi economico, ma anche un maggior apprezzamento della scienza da parte dell’opinione pubblica, troppo spessa abituata ad accomunare la scienza a qualcosa di negativo e di nocivo, per l’uomo e per l’ambiente.

 

La chimica verde di Renner Italia

È nata Pure, la linea di vernici green di Renner Italia

Da sempre consapevole del decisivo ruolo ricoperto dall’industria per il contenimento dei mutamenti climatici, Renner Italia si impegna nel formulare le sue vernici per il legno nel rispetto dell’uomo e della natura.

Un ulteriore passo verso la sostenibilità è rappresentato da Pure, la nuova gamma di vernici di derivazione vegetale.

 

Il meglio della chimica made in Italy a emissioni zero

Pure è una nuova gamma di vernici green nate dalla sintesi di sostanze vegetali non raffinate, miscelare con materie prime di origine controllata. Prodotta in stabilimenti italiani alimentati da energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, Pure si caratterizza per l’alto contenuto tecnologico di resine e materie prime naturali, è quindi adatta all’uso sia in caso di processi di lavorazione industrializzata, sia per le applicazioni artigianali.

Anche le latte in cui è contenuta la vernice Pure sono green. Le latte Evergreen sono infatti realizzate in banda stagnata e rivestite da un foglio di polietilene ad alta densità. Esaurita la vernice, questo foglio può essere rimosso, la parte metallica risulterà quindi perfettamente pulita e riciclabile. Con questo semplice ed efficace sistema si ottiene dunque una drastica riduzione dei rifiuti speciali, quali sono gli imballi sporchi di vernice.